Non solo rose. Storia culturale di un fiore by Simon Morley

Non solo rose. Storia culturale di un fiore by Simon Morley

autore:Simon Morley [Morley, Simon]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2022-04-20T22:00:00+00:00


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«Ibridi pedigree di rosa tea»

Rose moderne

È l’estate del 1867 e a Lione l’orticoltore Jean-Baptiste André Guillot, detto Guillot fils, ha appena presentato al mondo una nuova varietà di rose, culmine glorioso di mezzo secolo di sforzi collettivi dei botanici e dei coltivatori europei nel tentativo di sposare il meglio dell’Est con il meglio dell’Ovest. Con orgoglio e non senza una certa arroganza, Guillot fils battezzò la nuova rosa «La France». Di un pallido rosa argentato, contraddistinta dai fiori doppi globulari, questa varietà cresce in cespugli compatti che raggiungono il metro e mezzo di altezza. Visto che possiede molte delle caratteristiche che ormai si è portati ad associare alla rosa, contrariamente all’effetto che produceva sui contemporanei di Guillot fils, oggi «La France» ci sembra una pianta familiare e poco appariscente. Ma all’epoca il suo impatto fu travolgente; era la punta di lancia della moderna rivoluzione che di lì a poco avrebbe dato vita alla famiglia degli ibridi di tea, la vera rosa moderna.

Con mossa accorta, Guillot fils si era dedicato al perfezionamento di un recente famiglia di rose mutate chiamate ibridi perpetui. Sono un incrocio tra le Portland, le cinesi e le Bourbon, crescono in strutture verticali fino a circa un metro e ottanta di altezza, spandono un profumo penetrante e hanno fiori perlopiù rosa o rossi. Tra il 1850 e il 1900 erano considerate le rose nuove o moderne per eccellenza. Come suggerisce il nome, gli ibridi perpetui ereditarono il gene rimontante dalle loro progenitrici cinesi. Il lungo periodo di fioritura, per i coltivatori europei, divenne una caratteristica di enorme attrattiva. Ma presto gli ibridi perpetui avrebbero ceduto la palma agli ibridi di tea, che possiedono il comportamento complessivo dei perpetui ma presentano boccioli di forma più elegante e conservano il tratto della fioritura perpetua della tea cinese, loro antenata diretta.

In realtà però, più che inventare «La France», Guillot fils si limitò a creare le condizioni ambientali perfette per la sua «scoperta». Lui stesso raccontò di essersi imbattuto in una varietà nuova in una delle aiuole adibite alle piantine generate senza controllo dalle Rose tea e ammise di non sapere di preciso quali fossero i suoi progenitori.1 Tale vaghezza non era inusuale all’epoca. Nel corso dell’Ottocento però i botanici e gli orticoltori occidentali si sbarazzarono dei due ostacoli che avevano sempre impedito all’umanità di incrociare volontariamente piante e animali: la religione e l’ignoranza. Fino a quando i filosofi illuministi non misero in crisi la pervasiva convinzione che ogni tentativo intenzionale di cambiare la natura era un’usurpazione del ruolo divino e dunque un peccato, si era ritenuto che chiunque ci provasse sarebbe incorso nell’ira di Dio e dei suoi rappresentanti terreni. Essendo una mutazione capitata per caso, uno sport poteva essere tollerato, ma sforzarsi attivamente di produrre cambiamenti analoghi significava tirarsi addosso il biasimo morale. Il vento e l’ape eseguivano il volere divino, l’umanità no. Inoltre, fino a quando nel Seicento non cominciò a svilupparsi lo spirito dell’indagine scientifica, si era in genere convinti che tutto quanto c’era da sapere era



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